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Effetto festival 2015-2016
Mondovisioni - I documentari di internazionale

Martedì 19 gennaio ore 20.45
Teatro comunale di Pergine

Il medico messicano José Mireles conduce una rivolta contro i Cavalieri Templari, il cartello della droga che ha seminato il caos nella regione del Michoacán per anni. Dall'altra parte del confine, in Arizona, il veterano statunitense Tim “Nailer” Foley si mette a capo di un gruppo paramilitare per prevenire che le guerre tra i narcotrafficanti messicani si espandano negli Stati Uniti. Le vicissitudini di questi moderni vigilantes si configurano come una viscerale meditazione sul collasso dell'ordine costituito e sulla labilità del confine tra bene e male.

Regia di Matthew Heineman
Messico/Stati Uniti 2015, 98'
Spagnolo e inglese con sottotitoli in italiano
Documentario - miglio regia e fotografia documentaristica Sundance Film Festival 2015
Ingresso: 5 euro

«Non sono mai stato un reporter di guerra. Il mio ultimo film era sul sistema sanitario americano e in vita mia non ero mai stato in una zona di guerra. Anche questo film, in origine, era sui vigilantes in Arizona che controllavano il confine col Messico, finché mio padre non mi ha mandato un ritaglio di giornale sui vigilantes che operavano anche dall’altro lato del confine.

È un mondo difficile da capire e nel quale sono riuscito a entrare come non mi sarei mai aspettato. Ho sentito una forte responsabilità nel raccontare questa storia al di là di quello che si vede nei telegiornali e nelle serie TV come Breaking Bad. La guerra per la droga è una delle tante cose che accomunano i nostri due paesi e che siamo noi americani a finanziare col consumo di droga. La maggior parte delle metanfetamine consumate negli USA viene dal Messico, e di questa la maggior parte da Michoacán.

Per 4 mesi non sono riuscito ad entrare in un laboratorio, ma dopo tanti tentativi, finalmente un giorno abbiamo ricevuto una telefonata che ci diceva di farci trovare in una certa piazza alle 18. Sono venuti a prenderci degli uomini mascherati, siamo passati per città, villaggi, campi e alla fine è venuta a prenderci un’altra macchina. Quando siamo arrivati era notte fonda e dato che non uso luci artificiali non potevo credere di aver fatto tutta quella strada per niente. Ma poi il capo ci ha fatto fare il giro del laboratorio con una torcia e grazie a quella sono riuscito a girare delle belle immagini.

Non ero preparato alle sparatorie, alla tortura e alle altre esperienze estreme che questo film mi ha fatto fare, ma la cosa più terribile è stata ascoltare la storia della donna rapita dai templari e costretta a guardare la tortura, mutilazione, decapitazione e cremazione di suo marito e di altre quattro persone. Non solo l’orrore di ciò che hanno fatto, ma la lucidità del sadismo con cui le hanno inflitto quella terribile pena, e il piacere che questo dava loro, spesso pompato dalle metanfetamine e altre droghe.

Il momento più spaventoso è stata la scena della sparatoria in cui l’Autodefensa va a caccia di Chaneque e Caballo. Eravamo esausti, dopo tre settimane di riprese da 18-20 ore al giorno, pronti a ripartire per una pausa, e ci siamo ritrovati in quella situazione. Non avevo idea di come bisognasse comportarsi in una sparatoria, ma alla fine mi è andata bene, forse perché l’unica cosa a cui pensavo era l’esposizione, la messa a fuoco, l’inquadratura.

La cosa che mi ha tanto colpito dell’Autodefensa è che sembrano tutti così normali, padri di famiglia. Potrebbero essere i gestori della pompa di benzina sotto casa.

Il film è stato molto ben accolto negli USA, ma la critica più ricorrente è la mancanza di un contesto che spieghi meglio le situazioni, che è esattamente ciò che non volevo fare con questo film. Il mio obiettivo era catturare la storia mentre si svolgeva, come la vivevano i protagonisti, non attraverso l’interpretazione di un esperto o di un governo.

All’inizio i ruoli ci sembravano chiari: dalla parte del bene c’era l’Autodefensas, e dalla parte del male c’erano i cartelli della droga. In mezzo il governo messicano che non si capiva bene da che parte stava. Ma poi abbiamo scoperto che alcuni membri dell’Autodefensas erano in realtà infiltrati dei cartelli e alcuni dei cartelli erano infiltrati della polizia, per cui non sapevi mai con chi stavi parlando, se con uno dell’Autodefensas, con uno dei cartelli, con un poliziotto o con un poliziotto corrotto».

Matthew Heineman

http://www.theguardian.com/film/2015/aug/30/cartel-land-film-director-matthew-heineman-interview-mexico-drugs-war-interview